#Anne Frank. VITE PARALLELE – L’hashtag come testimone

La giovane Katerina (interpretata dall’attrice Martina Gatti) parte in solitaria per un viaggio che prende le mosse dal campo di concentramento – oggi centro di documentazione – di Bergen-Belsen, in Germania, dove si trovano le tombe di Anne Frank (1929-1945) e di sua sorella Margot (1926-1945). Le tappe compongono il film #Anne Frank. Vite Parallele (Sabina Fedeli e Anna Migotto, Ita 2019; qui il trailer) e sono segnate da luoghi della memoria ebraica e da capitali europee, tutte viste nello specchio del diario che l’adolescente Anne scrisse nascosta in un rifugio di Amsterdam, prima di essere deportata e finire i propri giorni in quel campo. 

In parallelo, su un set che riproduce fedelmente la stanza di Anne, l’attrice Helen Mirren legge e commenta alcuni passi del celebre Diario. Tra questi due piani, si intrecciano le interviste a cinque donne sopravvissute ai campi di concentramento e sterminio nazisti: Arianna Szörenyi (1933), Sarah Lichtsztejn-Montard (1928), Helga Weiss (1929, già autrice de Il diario di Helga. La testimonianza di una ragazza nei campi di Terezín e di Auschwitz) e le sorelle Andra e Tatiana Bucci (1937 e 1939). Tutte sono accomunate dall’essere state all’incirca coetanee di Anne Frank al tempi tempi della deportazione. Altre interviste a discendenti di perseguitati, storici e specialisti completano il discorso.

L’hashtag associato al nome di un personaggio storico, come azzardato nel titolo, a prima vista pare un cortocircuito straniante… eppure quel semplice simbolo dei nostri tempi, una volta presa coscienza della struttura del film, quel simbolo grafico appare come un solido ponte per la Memoria, un modo di rimettersi in contatto con il passato. È uno stratagemma per favorire l’immedesimazione nel calvario di Anne soprattutto da parte di chi oggi ha la stessa giovane età che l’autrice aveva quando dovette nascondersi dai nazisti con la propria famiglia, dal 1942 al 1944. 

E così riascoltandone le pagine, scritte come lettere indirizzate all’amica immaginaria Kitty ci si rende conto che esse risuonano come quelle confidenze che oggi siamo abituati a consegnare ai social network. Sono “condivisione” di pensieri intimi e idee. Questa intuizione delle autrici è sottolineata dalla presenza in scena, in montaggio alternato, di Katerina, che visitando i luoghi della Storia posta sul proprio profilo @KaterinaKat domande e pensieri rivolti direttamente ad Anne, che diviene a propria volta, esattamente come Kitty, interlocutrice ideale di una generazione in cerca di risposte.

Il film è arricchito da immagini documentaristiche d’epoca (di forte impatto emotivo e talvolta scioccanti, per la natura stessa dei crimini contro l’umanità compiuti nei campi di concentramento) e orchestrato come l’occasione per “incontrare” le donne deportate alla stessa età di Anne e poi sopravvissute, che ci offrono testimonianze preziose, nel segno di una condivisione capace di generare empatia.

L’abbraccio tra generazioni è così compiuto attraverso l’impegno comune del comunicare, un atto che prevede sia l’impegno nel raccontare, che la concentrazione dell’ascolto.

Per quanto il focus del film sia di certo la memoria storica, non è trascurabile notare che #Anne Frank. Vite Parallele ci offre una prospettiva al femminile: dinanzi ai nostri occhi vediamo dipanarsi una staffetta di donne che si impegnano a mantenere acceso il fuoco della Memoria. Una fiamma che va di certo alimentata attraverso l’incontro e il dibattito faccia a faccia, ma al contempo trova in letteratura e cinema alleati preziosi per gettare radici salde, capaci di resistere stagione dopo stagione.

SPUNTI DI DIBATTITO:

  1. Parallelismi – Tante voci, un’unica umanità: questa la sensazione dopo la visione del film. Quali aspetti del racconto concorrono a diffonderla.
  2. Testimonianze – “Per anni i sopravvissuti hanno taciuto, per la paura di non essere creduti”. A partire da questa affermazione del film, rifletti sull’importanza della comunicazione e delle testimonianze storiche per creare coesione sociale. 
  3. Smartphone – Spesso demonizzato per il suo potere “ipnotico” pronto a distrarci, nel film, al contrario, il cellulare viene rappresentato come uno strumento di comunicazione e addirittura di approfondimento storico. Rifletti sulle potenzialità del device e su come metterle a frutto.
  4. Quali sono, oggi, le situazioni critiche che mettono a repentaglio i diritti umani? Rifletti sui possibili parallelismi con il passato.
  5. Numerose voci, nel film, parlano dei pericoli di un antisemitismo che si ripresenta, oggi. Pensaci mettendo in relazione i fenomeni attuali con quanto descritto sullo schermo.