BUTTERFLY – La vera storia della pugile che può insegnarci a volare.

Per la giovanissima campionessa di pugilato Irma Testa… talvolta è la vita stessa a trasformarsi in un ring. 

La sua quotidianità finisce sotto i riflettori quando, ancora ragazzina, diventa la prima donna italiana a classificarsi alle Olimpiadi nella boxe. Una frenesia mediatica che fa da contraltare all’esilio dei ritiri per gli allenamenti con le Fiamme Oro ad Assisi, un luogo così tranquillo e diverso dalla sua palpitante Torre Annunziata, dove lascia affetti e grattacapi, come quello causato dal fratellino tredicenne che decide di abbandonare la scuola.

Per anni Irma, oggi 23enne, ha lasciato entrare ciclicamente una piccola troupe di documentaristi nella sua vita, per osservare con discrezione la sua parabola sportiva e umana. Capofila dell’operazione è stato il regista Alessandro Cassigoli, che l’ha notata quando era solo una 14enne nella palestra della Boxe Vesuviana, un vero avamposto sociale che da oltre cinquant’anni presidia un quartiere difficile proponendo lo sport come scuola di vita. Ad animarlo è Lucio Zurlo, che tutti chiamano «il Maestro», personaggio chiave del film, che esplora anche il rapporto di Irma con la madre e la sorella. Dal vortice del successo alla sconfitta, così inattesa e dirompente da instillare il desiderio di mollare tutto e cominciare a viaggiare, verso nuovi orizzonti. 

La passione, tuttavia, può mettere k.o. i turbamenti.

Butterfly è un film vero come i pugni sferrati dai guantoni di Irma, avvincente come un grande lungometraggio di fiction sulla boxe. Il documentario di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman segue con pudore e senza clamori Irma, brillante atleta dallo sguardo vacuo quanto magnetico. (Qui il trailer e qui il film completo sulla piattaforma Raiplay).

Dall’ascesa ai tormenti, la farfalla (battezzata Butterfly del suo maestro) impara a librasi in volo, verso il futuro. Si conquista, di fatto, la piena attenzione dei registi, visto che la prima ipotesi era stata quella di raccontare la passione del suo allenatore, 79enne, mostrandolo impegnato a costruire il futuro di una giovane promessa come Irma e, in parallelo, a preparare il ritorno sul ring di un campione come Pietro Aurino, oro agli Europei del 1996, pugile che vide la sua carriera interrompersi con l’arresto per concorso esterno in associazione camorristica, traffico di droga e di armi (queste imputazioni lo portarono in carcere fino al 2015).

È la storia di Irma, infatti, a deflagrare tra le mani degli autori, mentre passo dopo passo osservano e catturano le emozioni delle selezioni olimpiche per Rio 2016. Lei diventa il soggetto principale del film, pur sapendo che il futuro può riservare sia successi che sconfitte. Una scelta assolutamente proficua per arricchire il panorama del cinema italiano con un’opera di respiro universale, distante anni luce dal classico ritratto d’atleta.

Non è, infatti, il clamore dei riflettori puntati sulla campionessa ad interessare i registi, bensì l’effetto che esso esercita sull’adolescente Irma, unito alle rinunce imposte dallo stile di vita da professionista, in particolare la lontananza dagli affetti. 

È così che, al di là dell’etichetta di cinema del reale, Butterfly si distingue tra i film a tema sportivo per il forte impatto emotivo, offrendosi al pubblico come un grande romanzo di formazione per immagini. L’effetto reality show è completamente scongiurato dall’ampio respiro dell’operazione e da un taglio poetico nell’esposizione delle vicende biografiche che la coppia di Cassigoli-Kauffman aveva già saputo esprimere nel precedente The things we keep, documentario di montaggio dedicato all’amicizia che li lega, realizzato con footage rappresentato dai video raccolti in un decennio da Alessandro, che viveva e lavorava a Berlino, mentre Casey batteva le rotte del Medio Oriente come giornalista inviato di Al Jazeera in zone di conflitto.

Senza mai sottolineare con elementi retorici, tante sono le tracce d’inquietudine disseminate nel film che rendono palpabile la delusione di Irma dopo la sconfitta alle Olimpiadi, non ultime le voci dei detrattori, sotto forma di commenti sui social network. Alle parole cariche d’astio codardo che mettono in dubbio il suo talento, la sportiva non risponde direttamente, ma rialzandosi e dimostrando il coraggio di ricominciare a battersi.

“Tu non sei solo boxe, Irma”. La cartomante, consultata in un momento di debolezza d’animo, emette questa facile sentenza, che tuttavia va dritta al punto. È un monito, anche per gli spettatori: nonostante l’attività principale della vita – quella che catalizza il massimo dell’impegno – tenda a risultare totalizzante e a definire i tratti della nostra identità, è importante ricordarsi di riporre attenzione sulle sfaccettature dell’esistenza, per costruire relazioni ed interessi che possano servire come ammortizzatori emotivi durante gli alti e i bassi, sul ring della quotidianità.


Il produttore del lungometraggio, Michele Fornasero (Indyca Film), ci ha raccontato alcuni retroscena del progetto.

Michele, quando e come avete conosciuto Irma e deciso di raccontare la sua storia?

Cassigoli l’ha notata, quattordicenne, nella palestra della Boxe Vesuviana di Lucio Zurlo, che tutti chiamano «il Maestro». Irma si è subito rivelata il soggetto più interessante, pur in un ambiente ricco di suggestioni. È stata molto disponibile, ci ha consentito di osservare e filmare la sua vita per anni con una piccola troupe. 

La Vesuviana è un luogo mitico…

Sì, infatti la prima ipotesi era stata quella di raccontare la passione del fondatore e allenatore Lucio Zurlo, che al tempo era impegnato con una giovane promessa come Irma e, in parallelo, con il ritorno sul ring di un campione come Pietro Aurino. 

Da produttore dev’essere una scelta complessa quella di credere nel soggetto di un film che sarebbe stato poi inevitabilmente scritto giorno dopo giorno, seguendo l’evolversi di un’esistenza…

Ho accordato subito fiducia al progetto, pur consapevole che i risultati sportivi potevano avere esiti inattesi. C’era una vicenda umana di grande interesse, con speranze e spirito di sacrificio.

Che reazione ha avuto Irma quando ha visto Butterfly per la prima volta?

Ha preferito farlo sul grande schermo, alla Festa del Cinema di Roma, in una sala gremita dalla delegazione campana di amici e familiari, compreso l’allenatore Zurlo, quasi una figura paterna per lei. Ha rivissuto le emozioni e i travagli delle Olimpiadi: alla fine tutti si abbracciavano, come durante una seduta di terapia di gruppo.