Un Secolo Breve, ma… rivedibile!

La velocità degli avvenimenti, tratto caratterizzante del Novecento, trova nello sviluppo del cinema una conferma, ma anche uno specchio. Per la prima volta, gli eventi storici sono rivedibili. Mappati. Archiviati, ad uso del futuro.

Il secolo appare, così, “breve” come lo definì Eric J. Hobsbawm, ma denso di testimonianze.

Certo, all’inizio la natura del cinema è tutt’altro che nostalgica: c’è entusiasmo, dinamismo.

L’utilizzo scientifico è peculiare per lo studio del movimento (la fisiologia umana e animale svelata da Muybridge), mentre tutto il precinema affascina, con le sue magie.

L’invenzione, attribuita ai fratelli Lumière, stupì le masse e cominciò ad entusiasmare su due fronti: catturare la realtà e inventarne una alternativa, attraverso la finzione.

L’effetto sul pubblico d’inizio XX secolo fu dirompente, per immaginarlo possiamo basarci su questo videoclip che omaggia Méliès attraverso citazioni esplicite del suo Viaggio nella Luna (del 1902).

Si faranno strada, poi, attori-autori capaci di ammaliare le folle, come Chaplin e Keaton.

Fino al 1927 il cinema vivrà la stagione del “muto”, conclusasi grazie al salto tecnologico dell’invenzione del sonoro. Per molte star sarà la fine, non erano in grado di recitare diversamente. Non per Charlie Chaplin, che sviluppò un grande potenziale narrativo a sfondo sociale.

Il Grande Dittatore (1940) è ricco di scene cult, come quella del food fight e, naturalmente, il celebre monologo.

Se Chaplin utilizzò il cinema come strumento di pace, fu anche in contrapposizione alla funzione propagandistica che i regimi avevano ben compreso.

E si aprì, così, anche la questione della fiducia nell’immagine, che avrebbe caratterizzato i decenni a futuri.

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Nel secondo dopoguerra, il cinema giocò un ruolo significativo sia per la presa di coscienza di quanto accaduto, sia per ricostruire un sistema culturale.

In Italia prese forma un nuovo approccio al racconto del reale e alla regìa: il Neorealismo.

Roma città aperta (Roberto Rossellini, 1945)
Germania Anno Zero (Roberto Rossellini, 1948)

Nel frattempo, oltreoceano, Hollywood prosperava e in Francia gli anni Cinquanta facevano da trampolino alle sperimentazioni che avrebbero condotto alla Nouvelle Vague.

La tv (1954), Carosello (1957) e l’aprirsi del periodo del boom economico (1957-63) cambiarono il volto dell’Italia contadina, stimolando i consumi.

Registi come Fellini, Risi, Visconti, Monicelli (per citare alcuni dei più noti) intercettavano i cambiamenti sociali, che ben si vedono nel film di montaggio 1960, realizzato da Gabriele Salvatores nel 2010 montando filmati d’epoca (in particolare min. 12′).

Ibrido tra doc e finzione, il film ci offre un interessante spunto di riflessione sul potere del montaggio, come il regista stesso afferma in questa intervista:

La stessa presa di coscienza delle infinite potenziali combinazioni di montaggio offerte dal digitale (inebriante, ma anche pericolosa, innescando il rischio d’essere sopraffatti), veniva notata da Walter Murch (montatore di Apocalypse Now, di Francis Ford Coppola, 1979) nel suo breve quanto illuminante testo In un batter d’occhi.

Apocalypse Now (Francis Ford Coppola, 1979)

Il film, ambientato in Vietnam durante la guerra da poco conclusasi, è ispirato al libro Cuore di tenebra di Joseph Conrad, del 1899, operando un parallelismo storico-emotivo.

Il dialogo tra letteratura e cinema è sempre stato molto fecondo, in particolare nella rappresentazione delle distopie, come ad esempio Fahrenheit 451, che da libro di Ray Bradbury del 1953, Truffaut portò sullo schermo nel 1966 e nel 2018 trovò una rinnovata trasposizione aggiornata all’epoca recente di Michael B. Jordan per HBO (2018).

Prendendo il testimone dalla letteratura, il cinema sviluppò uno sguardo sul futuro:

Blade Runner (Ridley Scott, 1979)

A distanza di quasi cinquant’anni, resta il contenitore privilegiato per stimolare un’immedesimazione nelle problematiche (che talvolta da spauracchi del futuro anteriore, si avvicinano fino a diventare temi dibattuti nell’agenda socio-politica, come l’Intelligenza Artificiale):

The Creator (Gareth Edwards, 2023)

Già Spielberg e Kubrick, avevano riflettuto molto sul tema:

A.I. (Steven Spielberg, 2001)

Insomma, all’alba del Terzo Millennio le grandi potenzialità della scienza vengono immaginate e messe in discussione, preventivamente:

Minority Report (Steven Spielberg, 2002)

In equilibrio tra entusiasmo, critica e analisi della nuova vita digitale che caratterizza il nostro tempo:

Ready Player One (Steven Spielberg, 2018) – ambientazione: 2045

E oggi? Una pulsione in voga – molto “analogica”, in controtendenza con l’imperante digitale- al di là delle possibilità di raccontare e far vedere qualsiasi cosa (si pensi ad Avatar) è di certo il grande interesse per il footage, che resta prova storica, ma entusiasma come materia malleabile per plasmare storie (proprio come le fonti storiche, viene interpretato, riletto e riconfigurato: montato in forme nuove che assomigliano al nostro tempo, stratificando dunque significati).

Del resto: tutta questa grande Storia del cinema è durata solo poco più di un secolo, ovvero un puntino nella storia dell’umanità (e dei media stessi), quindi è destinata ad essere rivista e interpretata per sempre come un incipit, benché a noi sembri già così ricca e articolata. 

Di certo è stata una rivoluzione: per la prima volta abbiamo tracce così chiare e realistiche dei nostri antenati, di un’epoca. Le sfide più cogenti sono 2, ora:

. La prima è preservare quelle tracce, difendendone l’autenticità (contro il rischio del revisionismo tramite fabbricazione di prove artefatte). 

. L’altra è gestire nel migliore dei modi un visibile (con possibilità di divulgazione in tempi rapidissimi, se non addirittura nell’immediatezza, via web) che non è più sempre sinonimo di accaduto, non è più testimonianza certa di eventi reali.

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