Visioni e previsioni: lo sguardo cinefilo come prospettiva sul mondo

Appunti per un laboratorio d’introduzione al cinema come strumento di indagine della realtà.

Sono tante le prospettive offerte dal cinema: può rivolgersi al passato e al presente, essere testimone e strumento di racconto storico, oppure indicare l’orizzonte, offrendo film come ipotesi sul futuro.

Per cogliere tutte queste sfumature bisogna, innanzitutto, prenderlo in considerazione in modo sostanziale, ovvero non solo come passatempo: è arte, comunicazione, fenomeno sociale ed economico.

Il primo passo di un viaggio per andare oltre all’intrattenimento, è, in realtà, un fermarsi a riflettere. Scendere dalla giostra d’immagini che da sempre ci fa girare senza sosta, per chiedersi come funzioni. Come è fatta? Perché di solito ci piace salirci? Se non esistesse come sarebbe il mondo? E, continuando a roteare, dove vi porterà?

Cominciamo a rispondere un semplice quesito che, in fondo, riassume tutte queste domande?

CHE COS’È IL CINEMA?

Per me è: l’unico modo che abbiamo di controllare il tempo. 

Attenzione, non di dominarlo, è impossibile… ma almeno di danzare con lui, fino ad espanderci, per dialogare con passato e futuro. Così da migliorare il presente, renderlo pieno.

Proviamo, adesso, a rispondere alla domanda attraverso… un film!

Abbiamo, dunque, iniziato a rispondere pensando a “come si fa” il cinema. Riflettendo sul fatto che è passato ormai mezzo secolo (esatto! 1973), proviamo a cominciare a leggere il cinema anche come un mezzo di comunicazione che è sia strumento di racconto storico (qui, in Effetto Notte “vediamo” il 1973, è un tuffo nel passato), sia testimone del mondo (non è una ricostruzione, ma “documenta” il tempo che ha cristallizzato in un minuto: il pianosequenza in questo senso è un’unità di verità).

Oggi siamo giunti ad un livello di orchestrazione della complessità davvero magistrale, in alcuni casi senza perdere le radici della realtà (no vfx), come in Athena.

In questa clip un esempio strabiliante di pianosequenza.

Emerge una questione importante: il cinema è un’arte collettiva, che spesso esprime di desiderio degli autori (aiutati da cast e crew) di raccontare il proprio tempo, fare il punto sul passato.

Non soltanto attraverso la ricostruzione storica più classica (benché comunque edulcorata da vicende biografiche private) si può catturare lo spirito di un’epoca…

Anche storie nate dalla fantasia possono risultare emblematiche e coinvolgenti, per restituire il clima culturale di un periodo, come in Sing Street.

Una volta messo a fuoco cosa sia il cinema, o almeno essendo giunti a prendere atto che si tratta di un concetto multiforme, è tempo di concentrarci su una seconda importante domanda:

COSA HA RAPPRESENTATO, IL CINEMA, PER IL NOVECENTO?

Certamente un modo di vedere la Storia, raccontarla attraverso un nuovo linguaggio, che comunica con immediatezza ed è in grado di generare empatia.

Oltre alla Storia, ci sono le infinite storie create dalla fantasia: grazie al cinema si possono sognare altri mondi (Hollywood nasce per favorire il desiderio collettivo di evasione). Una conseguenza, dirompente, è la dote della creazione di miti (e riti).

E si può lasciare il segno nella Storia, quando si mostra coraggio, come Chaplin con il suo Il grande dittatore (considerando che il film è del 1940, dunque l’autore prende posizione contro Hitler “in diretta con la Storia”, non a posteriori).

COSA RAPPRESENTA IL CINEMA PER IL NOSTRO TEMPO?

Rispondiamo con due esempi, un’opera di Werner Herzog e un esperimento di Peter Jackson.

Quest’ultimo è un mockumentary, dunque apre il tema della fiducia. Se Peter Jackson gioca a fare il signore dei tranelli! 

Se addirittura la presenza in scena (o come autori) di registi del suo calibro non è scontato che sia un sigillo di garanzia per considerare vero ciò che vediamo… nasce in noi una nuova consapevolezza: non possiamo avvicinarci ai film in modo troppo scanzonato, come se fosse sempre facile saper vedere il cinema.

Questo ci porta a un’ultima domanda, fondamentale:

QUAL È IL SENSO DELLA CRITICA, OGGI?

La critica cinematografica, in casi come quello appena preso in esame, può essere una guida per non perdersi. Tuttavia si risolve così semplicemente la questione: se la sua funzione più nota è quella di valutare, la più interessante è “organizzare” il sapere relativo ai film. Non si tratta di una mera catalogazione, riguarda il senso del cinema, la presa di coscienza della nostra relazione con le immagini (sia come singoli individui, che come società).

La critica favorisce una nuova consapevolezza: anche la fiction cattura la vita, ne eternizza le tracce. Come ci dimostra Boyhood di Richard Linklater (Usa 2014).

E quando ci fermiamo a riflettere, spesso, scopriamo d’avere un rapporto con il cinema molto prezioso, proprio grazie al modo naturalmente critico con cui ci relazioniamo con i film: come ad esempio ci rivela l’esperienza della pallavolista di serie A1 Benedetta Maria Sartori. Ognuno di noi può riflettere sull’impatto del cinema sulla propria vita, scoprendo preziosi legami nascosti.

Un ottimo proposito potrebbe essere imparare a saper vedere tutti i film come li vede Tarantino nel suo recente libro Cinema Speculation, ovvero in controluce con la Società. 

È un testo che intreccia la storia del cinema con l’autobiografia di spettatore. Brillante, irriverente, acuto. Un indizio dell’approccio critico di Tarantino è, probabilmente, la scelta di separare le diverse sezioni del libro con delle pagine completamente nere. Come fossero pause, intermezzi dell’otturatore, che velocissimo a intervalli regolari interrompe il flusso di fotogrammi che sfilano davanti alla luce del proiettore e ne stabilizza la percezione. Senza questo accorgimento, il cinema avrebbe avuto una qualità estetica scadente.

Insomma, il cinema è un’invenzione che crea l’illusione del movimento. Pensiamo di saperlo, quando realizziamo che sono fotogrammi fissi. Ma ci sono altri parametri, affinché funzioni: la velocità e l’otturatore.

Allora: come funziona “il sapere”?

Non ci sarà forse anche in questo caso un’illusione?

L’illusione di sapere!

L’aver visto, quindi aver capito, compreso.

Magari, invece, abbiamo solo guardato.

Dobbiamo chiederci: quali sono gli “otturatori” della conoscenza? Come funzionano? 

È questione di contesto: il cinema sì, racconta il mondo… ci illude anche di spiegarlo: ma per saper vedere in modo nitido quel mondo dobbiamo contestualizzare i film.

Per epoca, per regista, per produzione… e anche – ripensando a Chaplin – per inventiva e coraggio.